Dal fallimento azzurro alla folle asta per Loiodice: un sistema crollato, deriso e senza futuro
Mentre le istituzioni restano in silenzio senza alcuna ammissione di responsabilità, facciamo i conti con un sistema che non ha alcuna visione e che preferisce sperperare risorse in nome dell’attenzione mediatica.
Rimettiamo, per un attimo, in ordine i pezzi. A cavallo dell’ultimo weekend e dell’inizio settimana sono stati tre gli eventi che hanno catturato l’attenzione degli italiani. Il record di ascolti, per fortuna, l’ha fatta registrare l’ennesima splendida finale vinta da Jannik Sinner contro Carlos Alcaraz. Un altro capitolo di una storia sportiva che stiamo vivendo giorno dopo giorno e che sarà destinata alla leggenda con noi testimoni diretti. Poi, però, l’orgoglio nazionale ha fatto posto a ciò che di più umiliante continua a caratterizzare il nostro sport principale. La nazionale italiana non esiste più, al suo posto abbiamo un gruppo di calciatori che indossa la maglia azzurra senza alcun spirito d’appartenenza, voglia di lottare ed orgoglio di rappresentare un’intero paese. Lasciamo stare, per un attimo, gli aspetti tecnici o le qualità: qui siamo di fronte al declino inesorabile di un movimento che ha nella nazionale la propria rappresentazione ufficiale.
Dobbiamo prenderne atto e non dedicare i titoloni dei giornali solo all’indomani di umiliazioni. Svezia, Macedonia del Nord, Norvegia, l’ultimo Europeo: l’elenco, adesso, diventa sempre più lungo e variegato. A pagarne le conseguenze sono stati i commissari tecnici che si sono succeduti e tutti noi tifosi italiani. I veri colpevoli di tutto questo, invece, restano in silenzio ben incollati alle proprie ricche poltrone. Alcune, poi, riescono anche a fare carriera con nomine e ruoli sempre più altisonanti. Un mondo al contrario che fotografa pienamente la realtà attuale e che trova libero sfogo anche nella sfera calcistica. Insomma siamo nuovamente qui a parlare di una crisi irreversibile con il consueto motivetto delle frasi fatte: rivoluzione del sistema, ripartenza dal basso, investimenti sui settori giovanili ecc. Ve lo diciamo a chiare lettere noi: queste sono solo cazzate, messaggi in politichese usati per calmare le acque e tirare avanti senza alcuna prospettiva.
D’altronde ne stiamo leggendo di tutti i colori negli ultimi mesi. Siamo arrivati anche a doverci assumere la responsabilità del fallimento del calcio italiano a causa della pirateria da parte di noi utenti. Uno scarica barile continuo che ha un solo effetto: la nazionale si fa umiliare ed intere generazioni continuano a non saper cosa significa emozionarsi nel vedere l’Italia ad un mondiale. Come detto in precedenza, però, c’è stato anche un terzo evento seguitissimo negli ultimi giorni. Stiamo parlando della fase finale della Kings League italiana. La tanto attesa Final Four del format ideato da Piquè che sta spopolando in tutto il mondo grazie all’estrema potenza dei social e delle piattaforme di streaming. E’ proprio su questo campo che si sta giocando la partita: allontanare una buona fetta di pubblico dal calcio tradizionale per portarlo su quello puramente contenutistico e di intrattenimento. Un filo che sembra sottile ma che nasconde un mondo fatto di interessi economici e tantissimi soldi.
Perché vi parliamo oggi della Kings League? Non per criticarne l’idea o il format, tra l’altro divertente e godibile, ma per evidenziare come la troppa attenzione mediatica possa creare uno tsunami devastante anche sul sistema calcio tradizionale. L’esempio lampante riguarda Nicola Loiodice che, di fatto, ha monopolizzato l’attenzione nazionale mandando in secondo piano anche la nazionale. Titoli di giornali, interviste, servizi e speciali dedicati: il talentuosissimo calciatore è finito al centro di un’asta davvero folle a cifre inimmaginabili. Non stiamo parlando di professionismo e nemmeno di Football Manager: il classe 1992, nelle ultime ore, ha lasciato il Fasano nel girone H di Serie D per accasarsi al Taranto in Eccellenza. Una storia al limite della follia sportiva considerando le ingenti somme di denaro messe sul tavolo. Stiamo parlando non solo di un acquisto da parte della società tarantina ma anche di un contratto di un anno e mezzo al calciatore sino al giugno 2027. Tutto questo, ribadiamolo a chiare lettere, nel contesto del campionato d’Eccellenza pugliese.
Qui il vero problema, ci teniamo a dirlo, non riguarda Loiodice che ha dimostrato nella sua carriera di essere uno dei migliori calciatori di tutta Italia in ambito dilettantistico. Qui il punto riguarda la gestione sconsiderata delle risorse economiche nei campionati non professionistici. Una miniera d’oro per alcuni, una rovina totale per altri. Non deve, quindi, stupirci la prospettiva dell’assistere ad un continuo fallimento di società, al crollo di piazze storiche verso il basso ed al continuo sperpero di denaro per qualche stagione prima dell’ennesimo collasso. Loiodice, quindi, è solo la punta dell’iceberg di un fenomeno che, ai vertici istituzionali, non interessa. Al momento l’obiettivo principale è mandare tutto in archivio, placare l’attenzione mediatica e rimandare tutto al 2026.
Insomma chi vivrà vedrà e, nel frattempo, in pochi ci interroghiamo su quanto il nostro calcio sia finito nei bassifondi a livello internazionale. Non abbiamo più i talenti, non abbiamo più l’orgoglio e la grinta, non abbiamo più alcuna ambizione e voglia di sognare. Ed allora tanto vale farci travolgere dagli eventi, stare seduti sui nostri comodi divani e vivere delle varie querelle social e mediatiche.
Se a marzo saremo nuovamente fuori dal mondiale, noi abbiamo già preparato il lungo elenco degli alibi.


