Messina: la “Guerra tra poveri” favorisce i veri colpevoli
Nonostante una delle annate più umilianti della storia biancoscudata, l’ambiente giallorosso ricade negli stessi errori tra divisioni, veleni e guerre social che fanno il gioco degli artefici di questo scempio sportivo, sociale e di identità.
Settimane di silenzio, una pausa fisiologica per elaborare quanto visto lungo un’intera stagione e riuscire ad avere una visione quanto più lucida di una crisi senza via d’uscita nella quale si è trovato il Messina. Ci eravamo lasciati, dopo una retrocessione quasi inevitabile, con un messaggio di speranza che avevamo voluto rivolgere all’intero ambiente con forza e grande convinzione: dopo questi mesi così duri, i messinesi veri innamorati di questi colori non potevano più accontentarsi ma pretendere il salto di qualità fatto di professionalità e competenza. Ne eravamo e ne siamo convinti perché, nei momenti bui degli ultimi mesi, la città ha saputo rispondere presente aggregandosi e compattandosi invece che abbandonarsi al più classico degli atteggiamenti apatici.
Purtroppo, a distanza di qualche settimana, dobbiamo prendere atto che questo percorso di crescita generale si è interrotto. Nel momento in cui il triplice fischio dello “Zaccheria” di Foggia ha posto fine alle ostilità in campo, tutto è stato cancellato come se il sentimento comune fosse esclusivamente legato al pallone che scivola sul prato verde. Il calcio, però, non sono solo i 90 minuti della domenica: quelli rappresentano il momento più atteso ed emozionante di una settimana di lavoro. In realtà bisogna costruire tutto dalle basi, avere degli obiettivi ben precisi e chiedere, soprattutto, chiarezza. Tutto il contrario di tutto in riva allo Stretto perché dopo un passo avanti ne abbiamo fatti una decina indietro. Siamo tornati alle guerre fratricide quelle che non si combattono per le strade ma sui social. Non esiste una linea comune che avevamo auspicato anche con la nascita, sicuramente apprezzata, della Cooperativa dei tifosi.
Al contrario tutto è diventato terreno di scontro in un minestrone che logora i tifosi messinesi e favorisce, senza alcun dubbio, tutti gli attori protagonisti di questa vicenda, i veri colpevoli dal primo all’ultimo. Questi ultimi continuano ad agire indisturbati anzi, rispetto ai mesi scorsi, riescono ad avere anche più spazio di manovra sfruttando un’opinione pubblica “distratta” da argomenti futili settimanali. In un momento storico senza alcuna certezza e prospettiva futura, è un continuo battersi il petto a suon di slogan in un universo di luoghi comuni, frasi fatte e quei termini che francamente speravamo di aver messo in archivio definitivamente.
Non si guarda in faccia la realtà anzi, probabilmente, non si vuole accettare la realtà come sei l’ambiente e la tifoseria fossero diventati i colpevoli di questa situazione e non le vittime. Il quadro generale, quindi, ci consegna un Pietro Sciotto che punta solo ed esclusivamente a curare i propri interessi personali per non intaccare l’eredità di famiglia. D’altronde l’intervento del tribunale ed il fantasma della liquidazione non era stato messo in conto e lo dimostra il quasi mezzo milione di euro sborsato per ripianare i debiti della stagione sportiva e presentare domanda d’iscrizione. Il Messina, quindi, avrà una continuità ma solo sulla carta al momento con AAD fantasma che mantiene l’80% delle quote. Anche perché da settimane si rincorrono le solite voci di corridoio che sono il fiore all’occhiello di questa città. Invece di pretendere a gran voce chiarezza e responsabilità di presentarsi di fronte a microfoni e telecamere, sappiamo che l’ACR Messina proseguirà la sua stagione “esternalizzando” tutto ciò che riguarda la sfera sportiva.
Davvero non impariamo mai dal passato e dai nostri errori. Dopo quasi dieci anni in cui non si è costruito nulla per questo modus operandi, adesso il primo pensiero è aver salvaguardato il passatempo domenicale. Non conta l’aver subito qualsiasi tipo di umiliazione o mancanza di rispetto, basta che il Messina scenda in campo nel fine settimana. Tutto questo, naturalmente, fa il palio anche con l’operazione Città di Sant’Agata. Quanto avvenuto con il neonato Messina 1947 è un qualcosa che solo in questa città sarebbe potuto accadere. Senza alcun tipo di veto o intervento dell’amministrazione comunale apprendiamo, anche in questo caso senza voci ufficiali o dichiarazioni, che l’imprenditore Sosa dopo aver ottenuto dei risultati negativi in provincia cerca il colpaccio nel capoluogo provando a sostituirsi come prima squadra.
Tutto normale, d’altronde siamo a Messina la città del paradosso. L’unico aspetto positivo, di tutta questa vicenda, è che la Messana abbia rotto gli indugi non inserendosi in questa guerra al massacro. Sacrosanta la scelta di proseguire nel proprio percorso di crescita, alzando l’asticella delle prospettiva ma mantenendo la propria identità e storia senza cambi di denominazioni o passi più lunghi della gamba. Sarà sempre il tempo, in questi casi, a darci tutte le risposte sul futuro calcistico biancoscudato.
Quel che è certo, in questo caldo metà luglio 2025, è che la città ancora una volta ha perso un’occasione unica di poter cambiare le carte in tavola. Siamo riusciti a sperperare quel poco di buono che l’ambiente aveva ricostruito nell’ultimo anno. Abbiamo disgregato la compattezza e l’unione, quindi adesso ci sorbiremo delle lunghissime settimane contraddistinte solo da divisioni e lotte sui social. Noi abbiamo voluto tutto questo mentre c’è chi continua ad agire indisturbato per i propri interessi.
Questa non è dignità né appartenenza, che sia ben chiaro a tutti.


