Atletico Messina, dieci anni dopo vince ancora l’amicizia
Ten years challenge. Si chiama così una delle sfide più in voga sui social. Due foto, un paio di click e il gioco è fatto. Online finiscono le istantanee di oggi paragonate a quelle di un decennio fa. Mettono a confronto il prima e il dopo, lasciando agli utenti del web un giudizio che è quasi sempre positivo. Perché la nostalgia piace, nel pallone anche un poco di più. La diapositiva dell’Atletico Messina è stata piazzata lo scorso quattro novembre a dieci anni dall’esordio assoluto dei biancoazzurri. Accasciati e in piedi, al Nicola Bonanno, ci sono undici persone e poche barbe. L’avventura comincia lì, con un rotondo 0-3. Per gli altri. Prosegue addirittura peggio: un po’ di confusione, un disguido sugli orari e sconfitta a tavolino sul campo del Team Scaletta, dove la squadra, in realtà, non arriverà mai.
I presupposti di quel torneo erano stati gettati un paio di mesi prima. Una chiacchierata tra i banchi del liceo Felice Bisazza. Nasce così l’idea folle di un gruppo di compagni di classe, innamorati del pallone e abbastanza incoscienti da creare una squadra partendo da zero. Non ci sono palloni, casacche e giocatori. Solo la voglia trasferire sul campo un legame di amicizia indissolubile. Benedetto Bruschetta, Giuseppe Belnome e Andrea Baldari: a loro, più degli altri, va il merito di aver messo insieme la baracca, che nel tempo ha assunto i contorni di una villa con piscina. Telefonano, chiamano, girano raccattano persone ovunque. Nei locali della movida e sui terreni di gioco più sperduti. Hanno bisogno essenzialmente di gente, da schierare in campo o a cui affidare scartoffie burocratiche. Il progetto è affascinante, ma è il mare, notoriamente posto tra il dire e il fare, a rendere ogni cosa tremendamente complicata.
Sarà la testardaggine a invertire il copione di un film che pare scritto senza lieto fine. A pochi giorni dall’inizio della stagione la prima svolta. Tiziano Bonanno fresco di un torneo di Promozione e di troppi guai fisici dice sì. Sarà lui il cardine attorno a cui ruoterà il progetto, l’identikit ideale a cui affidare le chiavi della squadra. Fascia di capitano e numero dieci: dieci anni dopo è ancora così. L’unico di superstite di una foto a cui solo l’avvento del digitale impedisce di ingiallirsi. Con lui arriveranno l’inseparabile Antonio Nicocia, cursore di fascia e stantuffo inesauribile, il portiere Nino La Fauci, e Andrea Galletta, altro tassello imprescindibile di questa prima fase.
Sono elementi di qualità e poco hanno a che vedere con il campionato di terza categoria, da cui fuggiranno immediatamente. Archiviati i primi, fisiologici passi falsi l’Atletico Messina nel giro di qualche mese prende a girare e non si ferma più. Vince i play off e approda in seconda categoria. Un anno dopo, sotto la pioggia battente del Bonanno, il bis viene servito nel derby con l’Annunziata. In due anni è prima categoria, mentre l’organico un tempo snobbato, inizia a diventare la meta ambita da quanti vedono il calcio ancora come un gioco.
Tutti vogliono vestirsi di biancoazzurro, l’oasi felice in cui non solo ci si diverte, ma evidentemente si vince anche. Vengono accolti a patto di accettare la sola regola da cui non si prescinde: il gruppo viene prima di ogni cosa, di chiunque. Ogni estate è battaglia per trovare i fondi, una lotta all’ultimo euro per non scomparire. Poi sistemati i conti, quando a parlare è il campo l’Atletico Messina recita sempre da protagonista. Le prestazioni si alzano insieme a campionati progressivamente più impegnativi, nei quali, però, l’Atletico sul più bello vede sistematicamente sfumare i sogni di Promozione. In quattro tornei i biancoazzurri perdono una semifinale (Messana) e due finali (Gescal e Fiumefreddo). Un anno non c’entrano neppure i play-off.
Sarà la cura Nino Naccari, nel punto più basso, a restituire fiducia ed entusiasmo all’ambiente. L’agognato salto di categoria arriva al quinto tentativo e porta in dote grandi festeggiamenti e il cambio al vertice. E’ il momento in cui le vicende del calcio cittadino si intrecciano con quelle più periferiche dell’Atletico. Il gruppo guidato da Maurizio Lo Re cede il Città di Messina, che diventa Football Club, a Rocco Arena e vira sui biancoazzurri, a cui per affrontare il campionato di Promozione servono essenzialmente garanzie economiche.
Il presidente Baldari saluta con una vittoria, mentre i nuovi di dirigenti portano oltre ai capitali una mentalità di diversa, che finisce per entrare in contrasto con la filosofia dei biancoazzurri. L’idillio, facile immaginarlo, non esplode e dura, complice la pandemia, lo spazio risicato di una stagione. Tra partenze e stop dovuti al Covid, oggi, l’Atletico Messina ha riannodato i fili col passato. Si diverte e bazzica nella prima metà della classifica, sornione attende il momento in cui sferrare la prossima la zampata.