L’anno del Messina: dal paradiso all’inferno andata e (si spera) ritorno
Una rondine non fa primavera. Così, il successo sulla Paganese, pur restituendo l’idea di una squadra viva rallegra fino a un certo punto. Consente, certo, di andare in vacanza con il sorriso sulle labbra, guardare la classifica con meno apprensione, ma non risolve una situazione preoccupante, uno scenario in cui la luce in fondo al tunnel resta lontana. Dodici mesi dopo la cartolina che il 2021 lascia in eredità al nuovo anno fa pendere l’ago della bilancia dal lato dei problemi. Non un inedito assoluto a queste latitudini, piuttosto un’abitudine di cui nessuno sentiva il bisogno.
A guardarsi le spalle, le immagini della festa per il ritrovato professionismo assumono le sembianze di ricordi in dissolvenza. Gennaio si era aperto col Messina in testa alla classifica di Serie D e il Football club determinato, covid permettendo, ad arrestarne la corsa. Dicembre saluta con le posizioni praticamente invertite e il timore di trovarsi davanti all’ennesimo punto di non ritorno. Un anno fa, senza rivali blasonate a mettere i bastoni tra le ruote, la città dello Stretto aveva finalmente incanalato il binario giusto, con buona pace anche della Gelbison, terza in comodo non pronosticata nella lotta alla vittoria finale e destinata sul lungo periodo a cedere il passo. Marzo, in questo, senso si rivelò mese decisivo, permise ai biancoscudati di raccogliere sette punti in tre scontri diretti, rispedì al mittente ogni velleità di sorpasso, escludendo una dopo l’altra tutte le rivali.
Una campagna acquisti discutibile nei modi, ma oculata e perfetta negli identikit dei personaggi, nel momento più delicato, fece il resto, consegnando a Raffaele Novelli, tra gli altri, il portiere Leonardo Caruso. L’estremo difensore dai capelli rossi si è rivelato egregio sostituto di un Lai congedato ingenerosamente da qualche papera e, soprattutto, dal web. Evangelista Cunzi è sembrato, invece, cadere dal cielo, provvidenziale nel prendere il posto a suon di gol pesanti di Simone Addessi, costretto ai box da un grave infortunio. Fortuna, ma soprattutto esperienza tirata fuori dal cilindro di Cocchino D’Eboli, deus ex machina di un gruppo condannato già ad agosto al salto di categoria. La promozione si consumerà effettivamente in un afoso pomeriggio a Sant’Agata Militello, con Sciotto girato di spalle in attesa del triplice fischio e diverse centinaia di tifosi ad aspettare fuori dallo stadio la fine della partita e di un inferno durato quattro anni. La festa si è in fretta trasferita a Messina, meno chiassosa di altre, ma dall’identico sapore liberatorio.
Una ritrovata coesione generale si è sciolta sotto il sole di luglio, portatore di una serie di scelte infauste. Il ritorno di Lo Monaco, ex sgraditissimo alla piazza, ha consegnato al tecnico Sasà Sullo una squadra fragile sotto il profilo mentale prima ancora che tecnico, amplificando le spaccature tra la piazza e la dirigenza. L’indimenticato capitano giallorosso, come spesso accade, è stato il primo a pagare fallimenti ed errori collettivi. Discorso identico per il vulcanico Ezio Capuano, sebbene non esente da responsabilità. I veri artefici della desolazione attuale, grande classico, intanto oggi giocano a scarica barile, si rimpallano le responsabilità e fanno a gara a chi fugge più veloce. Ha ragione la curva a chiedere compattezza, un po’ meno Pietro Sciotto quando minaccia per l’ennesima volta di abbandonare una barca in balia delle onde, peraltro alla vigilia di un derby contro il Catania.
Anche perché la situazione, nonostante sia grave, non è assolutamente compromessa. Guardando a un futuro non troppo ipotetico una bella mano potrebbe arrivare dalle decisioni dei vari tribunali, dalle quali doveroso sottolinearlo non si deve comunque dipendere. Un fatto è però inequivocabile: il fallimento del Catania inevitabilmente avrà ripercussioni sulla positiva graduatoria degli etnei, che indirettamente potrebbero migliorare quella dei giallorossi.
Ancora, la riapertura del mercato sapientemente sfruttata potrebbe fornire, a differenza dell’estate, risposte confortanti. Servono innesti d’esperienza, gente di categoria capace di tenere in mano la squadra nei frangenti più delicati delle partite, istanti in cui portare la vittoria a casa diventa priorità assoluta. L’equivalente, per intenderci, di quanto facevano Aliperta, Lomasto e Sabatino in Serie D. Per i più scaramantici c’è pure un precedente a cui aggrapparsi. Correva la stagione 2013/2014 e il Messina, allora di Lo Monaco patron, in coda alla Lega Pro seconda divisione nel girone d’andata, risalì progressivamente la classifica chiudendo in testa il torneo.
Al nuovo anno non si chiede tanto, ma un pizzico di fortuna e po’ di stabilità.