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Calcio e ‘Ndrangheta: dal fenomeno del calcioscommesse ai nomi eccellenti.

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Stiamo parlando del fenomeno del calcioscommesse, un uragano che si è abbattuto sul nostro paese negli scorsi anni e che ha mostrato la faccia più sporca di questo universo sportivo. Lo scandalo scoppia nel 2015 e l’indagine è coordinata dalla Direzione Investigativa Antimafia di Catanzaro. L’inchiesta prenderà il nome di “DirtySoccer”, ma lo sporco va ben oltre il terreno di gioco. Il personaggio chiave da cui parte l’indagine è Pietro Iannazzo, nipote del capo cosca di Lamezia Terme. Dalle sue intercettazioni, gli inquirenti ricostruiscono il sistema del calcio scommesse italiano e le sue ramificazioni internazionali. Si apre un mondo sommerso, fatto di combine, truffe, estorsioni e fiumi di denaro sporco. Sono coinvolte 30 società calcistiche ed oltre 70 persone tra presidenti, calciatori, allenatori e dirigenti.

Una bomba che fa il giro del mondo, gettando luce su un sistema criminale organizzato nei minimi dettagli. Oltre alla famiglia Iannazzo, un ruolo chiave nella prima fase di indagine è quello di Mario Moxedano presidente del Neapolis. L’obiettivo iniziale è quello di vincere il campionato di Serie D con “una squadra di babbi” come vengono definiti i calciatori in un’intercettazione telefonica. Ben presto il rapporto tra Iannazzo, Moxedano ed il direttore sportivo Ciccarone viene finalizzato alle combine su larga scala. Un progetto ambizioso nel quale piovono milioni di euro attraverso fitta rete di finanziatori occulti provenienti da Malta, Albania, Serbia e Russia. Il volume d’affari è enorme e coinvolge non solo il calcio italiano ma anche la Serie A cinese, i campionati di basket europei sino alle partite di tennis in Qatar. Il fenomeno viene scoperto, l’indagine “Dirtysoccer” prosegue ed al processo ci finiscono non solo anonimi calciatori di provincia ma anche nomi eccellenti. Proprio all’inchiesta di Catanzaro, infatti, si affianca l’operazione “Treni del goal” della Digos di Catania.

Viene coinvolta l’intera società etnea guidata dal presidente Pulvirenti mentre tra i calciatori figurano anche Salvatore Astarita e Davide Matteini. E’ solo il primo passo, la giustizia italiana vuole andare avanti e scavare più a fondo. Così nel 2016 va in scena il secondo processo sportivo. Questa volta nel calderone ci finiscono davvero in tanti. Vengono condannate oltre venti società calcistiche dalla Calabria sino alla Lombardia, mentre tra i tesserati figurano tra gli altri Arturo Di Napoli e Fabio Caserta. L’ultima pagina di questa triste vicenda viene scritta nel 2017 ed il calcioscommesse getta il movimento calcistico italiano in un clima fatto di sospetti, paure e poca chiarezza.

Un limbo nel quale la ‘ndrangheta continua ad agire nell’ombra, tessendo una rete che la mette in contatto con organizzazioni criminali in tutto il mondo. Tuttavia, di pari passo con il calcioscommesse, negli ultimi anni la ‘Ndrangheta è stata associata anche a nomi eccellenti del nostro calcio. Appena un anno fa, infatti, l’opinione pubblica si interrogava su Vincenzo Iaquinta. Da eroe del mondiale 2006, l’attaccante è finito coinvolto in uno dei più importanti procedimenti giudiziari alla ‘ndrangheta della storia italiana. Il processo Aemilia ha portato a 125 condanne con oltre 1200 anni di carcere. In questo contesto, ci sono finiti anche l’ex attaccante della Juventus ed il padre Giuseppe. Dall’iniziale condanna a 2 anni di reclusione per possesso d’armi e favoreggiamento, Iaquinta è stato riconosciuto non colpevole ed innocente. Ma non è il solo ad essere finito coinvolto in indagini di ‘ndrangheta.

Uno dei nomi più conosciuti dall’opinione pubblica è quello di Giuseppe Sculli.La sua lunga carriera nel calcio professionistico è sempre stata costellata da eventi che andavano ben oltre il calcio giocato. Nel 2006 viene punito con 8 mesi di squalifica per aver truccato la gara Crotone-Messina del 2002, mentre nel 2012 viene coinvolto insieme a Mauri, Milanetto e Criscito nell’inchiesta sulla combine riguardante Lazio-Genoa terminata 4-2. La sua posizione verra’ poi archiviata. Nello stesso anno la procura federale chiede, senza ottenerla,  una nuova squalifica dopo i fatti relativi a Genoa-Siena ed al suo famosissimo “colloquio” con gli ultras genoani. L’ex calciatore si è sempre difeso da ogni accusa e, ai tempi di Pescara, dichiarò in conferenza stampa di “essere un mezzo utilizzato dalla stampa per vendere i giornali a causa delle sue parentele”.

Un legame di sangue “pesante”, quello che porta con sé Sculli. L’ex calciatore è, infatti, il nipote di Giuseppe Morabito detto u tiradrittu, uno dei più importanti boss nella storia della ‘ndrangheta. Una parentela che, come dichiarato da diversi collaboratori di giustizia, gli ha permesso di fare carriera ad alti livelli. Una vicenda analoga a quella di Salvatore Aronica finito sotto la lente dei riflettori dopo le dichiarazioni del collaboratore Bonaventura. E’ proprio l’ex boss di Crotone a dichiarare la sua amicizia con Aronica, stretta tra il 1998 ed il 2002 quando il difensore indossava la maglia rossoblù. Un rapporto consolidato nel tempo come testimoniato da diversi video.

Nel 2000 Aronica partecipò al matrimonio dello stesso Bonaventura ed alle feste di compleanno dei suoi figli. Qualche anno dopo, fu lo stesso ex difensore ad invitare il boss al proprio matrimonio in Sicilia. Prima del suo arresto e del suo pentimento nel 2007, Bonaventura giocava un ruolo chiave anche nelle vicende del Crotone Calcio. Supportava in prima persona, infatti, il cugino Raffaele Vrenna presidente della società durante la scalata dalla Promozione sino alla Serie B. Proprio in quegli anni si registrano i rapporti consolidati d’amicizia con Aronica e lo stesso Sculli. Amicizie, rapporti personali ed intrecci su larga scala. Su queste basi la ‘ndrangheta costruisce anche la sua fortuna ed il mondo del calcio ne diventa mezzo, a volte inconsapevole, di affari sporchi e criminali.

                                                                                                                                                                                    Ernesto Francia