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Calcio & ‘Ndrangheta | Video Inchiesta Parte 1

PRIMO EPISODIO
“Da fenomeno di aggregazione sociale a strumento di controllo e potere: il calcio nelle mani della ‘Ndrangheta”.

Giovedì 19 dicembre 2019. La nostra storia inizia qui, ancora poche ore e si festeggerà il santo Natale. E’ l’alba di una giornata come tante, l’alba di una giornata che passerà alla storia ma ancora nessuno lo sa. Chi, invece, non è andato a dormire è un magistrato. Si chiama Nicola Gratteri, procuratore della Repubblica di Catanzaro, e sta guidando la più grande operazione antimafia dai tempi del maxiprocesso di Palermo. Tutta l’Europa viene svegliata dal suono delle sirene: oltre 330 arresti ed un duro colpo alla ‘Ndrangheta. L’elenco è lungo: politici, imprenditori, massoni, membri delle forze dell’ordine ed anche semplici cittadini. Uno stretto legame con la mafia calabrese. Stupore, vergogna, gioia: sono tanti gli stati d’animo espressi dall’opinione pubblica che prende coscienza di un’unica grande realtà: la ‘ndrangheta è attorno a noi quotidianamente. Ma la domanda sorge spontanea e vi starete chiedendo: cosa c’entra il calcio in tutta questa vicenda? Ecco, proprio da questo interrogativo analizzeremo lo stretto legame tra la ‘Ndrangheta e lo sport più amato dagli italiani.

La vera bomba è esplosa nel 2017 con il caso “Juventus” ma è necessario ritornare alle origini e scoprire come la mafia calabrese abbia messo radici nel mondo del calcio. E per fare questo dobbiamo spostarci in Calabria perché tutto nasce sui campi polverosi del calcio “minore”. Dalla Serie D sino alle categorie più basse: nessun campionato professionistico, solo tante piccole realtà locali. La ‘Ndrangheta non cerca la luce dei riflettori ma parte proprio dal basso. Il calcio “minore” diventa strumento di potere e controllo sul territorio e sulla popolazione, acquisendone anche il consenso. Ed il nostro viaggio inizia da Rosarno, piccolo comune di 15 mila anime della provincia di Reggio Calabria. Una squadra in prima categoria e poche ambizioni verso il mondo calcistico.

 

Ed è proprio in questo contesto che la potente cosca dei Pesce decide di investire nel pallone. Ci pensano, in prima persona, Giuseppe, Francesco e Marcello Pesce. Il calcio diventa strumento di consenso sociale e la squadra inizia la propria scalata vincendo campionati su campionati. In particolare è Marcello Pesce, detto “u ballerinu”, a guidare la società nel ruolo di presidente. Lo chiameranno “miracolo Rosarno” ma di miracoloso c’è ben poco. L’operazione “All Inside” del 2010 colpisce duramente la famiglia Pesce che tra arresti e confische perde anche la propria squadra di calcio. Il sogno svanisce per la Rosarnese ad un passo dalla Serie C. Marcello Pesce si dà alla latitanza, sarà arrestato solo nel 2016. Nel frattempo, mentre è ricercato, si conclude anche l’operazione “All Clean” che porta al sequestro del Sapri, squadra campana. Nemmeno a dirlo, la società era controllata proprio dai Pesce e Marcello ne fu anche dirigente tra il 2005 ed il 2006. Intrecci, storie, criminalità: tutto attorno al mondo del pallone. Un puzzle che si compone pezzo dopo pezzo nell’universo del calcio dilettantistico lontano dall’attenzione dei media nazionali. Come le vicende di altre due società: Hintereggio e Valle Grecanica.

Tra inchieste, intercettazioni ed interrogatori il calcio torna a legarsi in maniera inequivocabile con la ‘Ndrangheta. L’indagine “Alta Tensione” fa saltare il banco con il calcio scommesse che coinvolge la seconda squadra di Reggio Calabria: in particolare tutto nasce da un risultato combinato nella sfida tra Hintereggio e Neapolis come accertato dalla procura di Catanzaro. A dirigere le operazioni sono le famiglie De Stefano e Libri. La mano della giustizia porta all’arresto di Eugenio Borghetto e Natale Iannì, due personaggi molto conosciuti nell’universo del calcio dilettantistico calabrese. Il primo direttore sportivo, il secondo allenatore della Valle Grecanica, società di Serie D che lottava per la vetta nel girone I. Tra processi, condanne, carcere e riduzioni di pena, oggi Natale Iannì è ancora in Serie D sulla panchina della Palmese. Sembrano storie lontane dalla nostra quotidianità, eppure nel corso degli anni si ripetono in maniera ciclica. A San Luca, piccolo centro alle pendici dell’Aspromonte, la cosca Pelle ha scritto la storia criminale della ‘Ndrangheta. Un potere immenso che genera paura e rispetto negli abitanti. Nel 2009, infatti, si gioca la gara San Luca – Bianco valida per il campionato di Prima Categoria. Tre calciatori della squadra locale scendono in campo con il lutto al braccio per la morte di Antonio Pelle, storico boss e capo dell’omonima famiglia. Dai campi polverosi calabresi, il caso balza sui media nazionali. A pagare sarà il vice presidente colpito dal Daspo per un anno, mentre il presidente e parroco del paese Don Pino Strangio si dice rammaricato per l’accaduto.

 

Eppure c’è anche chi investe nel calcio i propri capitali illeciti per puro divertimento. E’ il caso di Rocco Aquino ex boss di Gioiosa Ionica e condannato nell’operazione “Crimine” del 2010. Conosciuto in tutto il paese come il “Presidente” gestisce la società del Marina di Gioiosa Ionica fino alla sua latitanza. Nella squadra giocano entrambi i figli che verranno espulsi nella sfida contro il Reggio Sud valida per il campionato di Promozione. Un episodio che manda su tutte le furie il boss che, dal suo nascondiglio, manda un messaggio ad una trasmissione calcistica locale. Errore fatale che ha portato all’arresto di Rocco Aquino proprio nella sua villa – bunker. “La ‘ndrangheta comanda e controlla tutte le gare di calcio sul territorio calabrese”, una dichiarazione forte dell’ex boss di Crotone Luigi Bonaventura oggi collaboratore di giustizia. E così mentre l’illegalità trova terreno fertile lì dove lo stato è ancora colpevolmente assente, è difficile anche difendere la passione per questo bellissimo sport.
Ernesto Francia

Calcio e ‘Ndrangheta: dal fenomeno del calcioscommesse ai nomi eccellenti.