
Palermo, Catania, Trapani e Messina, stagione horror: il “fallimento sportivo” del calcio siciliano

Progetti, ambizioni ed investimenti che sono sfumati in un’annata da dimenticare nell’universo siciliano professionistico: tanti dubbi e poche certezze in vista del futuro prossimo.
Molto spesso e con cadenza ormai ciclica, stampa, trasmissioni e social rimembrano quello storico periodo nel quale la Sicilia era orgogliosamente rappresentata da tre squadre in massima serie. Palermo, Catania e Messina che, attraverso il calcio, avevano posto un’intera regione al centro dell’Europa sportiva. Tanti anni, però, sono passati da quel periodo che ebbe un epilogo poco lusinghiero e nel tempo portò al fallimento delle già citate società per vicende diverse. Eppure tutti noi ricordiamo con nostalgia quel calcio che, ormai, è cambiato notevolmente. Ad oggi, invece, bisogna scontrarsi con una realtà ben diversa nel quale il sistema è molto fragile, rischia di implodere da un momento all’altro ed ha delle fondamenta decisamente scricchiolanti. Fare calcio, quindi, è diventato un lusso per pochi dal momento che la sostenibilità è un concetto decisamente lontano da ciò che si vive nelle categorie italiane dalla Serie B in giù.
Per questo motivo, oggi più che mai, concetti come organizzazione, professionalità e progettualità non sono semplici parole vuote ma devono rappresentare il futuro di ogni società che punta ad avere un percorso strutturato nel tempo con il perfetto equilibrio tra ambito sportivo e societario. Al contrario gli investimenti ingenti, concentrati esclusivamente sulla costruzione di squadre forti sulla carta, rappresentano un rischio che a qualsiasi livello nessuno può più permettersi. Fatta questa dovuta premessa, quindi, appare chiaro come la stagione che va verso la sua naturale conclusione sia stata decisamente disastrosa per le società siciliane impegnate nel professionismo. Palermo, Catania, Trapani e Messina hanno affrontato un’annata totalmente da cancellare che ha lasciato macerie e, in alcuni casi, anche delle pietre tombali.
Andando per ordine, è giusto partire dalla società rosanero che non ha ancora trovato la sua dimensione in cadetteria. Non basta chiamarsi Palermo per tornare in massima serie anche se alle spalle hai il City Group. Tutto questo rappresenta, perfettamente, ciò che abbiamo evidenziato in precedenza. Nonostante una capacità economica di primissimo livello, non è stato ancora creato un percorso coerente con continui cambiamenti nei ruoli chiave societari ed una confusione tecnica esagerata. Non bastano i grandi nomi ed una rosa ricca di “figurine” perché la Serie B è un campionato che si vince con la continuità e con i gruppi davvero solidi che, di conseguenza, esaltano i singoli. Il Palermo ha chiuso addirittura all’ottavo posto e in piena contestazione da parte del pubblico del “Barbera“. La naturale conseguenza è stata l’eliminazione al primo turno dei playoff da parte della Juve Stabia. Un ko catartico perché arrivato contro una società che è proprio l’opposto di quella siciliana: idee chiare, un budget limitato ed un progetto fondato sullo sviluppo del talento giovanile e dei calciatori non mediatici.
In attesa di una nuova rivoluzione estiva, di certo non va meglio nel girone C di Serie C. Tre squadre siciliane, tre campionati deficitari, tre situazioni disastrose con le dovute proporzioni. Partendo dalle pendici dell’Etna, già l’estate era stata turbolenta. Tra una rosa extralarge ed alcune problematiche di natura economica, il Catania ha ricevuto anche un punto di penalizzazione. Il presidente Pelligra aveva deciso di puntare, probabilmente, sull’allenatore migliore in terza serie. Mister Toscano, esperto di promozioni, non è mai riuscito a dare un’identità alla sua squadra. Anche in questo caso tanti nomi altisonanti, calciatori di categoria superiore ma con ingaggi fuori portata per la categoria. La naturale conseguenza è stato un percorso balbettante ed una rivoluzione a gennaio. Nonostante la spinta del pubblico e il quinto posto, i playoff si sono fermati al primo vero scoglio. Dopo aver superato Giugliano e Potenza con molta fatica, gli etnei hanno chiuso la stagione al turno nazionale contro il Pescara. Non servono alibi ma nuove certezze concrete per una società che ha davvero speso tantissimo negli ultimi anni.
A proposito di investimenti ingenti, il caso Trapani meriterebbe un capitolo a parte. Il vulcanico presidente Antonini è il protagonista a 360 gradi e la mediaticità è pane quotidiano. Si viaggia a corrente alternata tra calcio e basket a dimostrazione che lo sport non è scienza esatta. Nell’ambito della palla a spicchi ci si gioca la conquista dello scudetto da neopromossa, sul prato verde è stato un disastro assoluto. Una squadra che ha cambiato fisionomia totalmente tra girone d’andata e ritorno, porte scorrevoli in società nei ruoli di massima importanza e ben quattro allenatori che si sono succeduti sulla panchina. Torrisi, Aronica, Capuano, Torrente e di nuovo Aronica. Tutto questo per chiudere all’undicesimo posto con appena 41 punti, tantissima amarezza e la necessità di ripartire totalmente da zero in questa estate. Non ci sarà alcuna continuità perché, per quanto visto fino ad ora, non si può mettere la mano sul fuoco nemmeno sul rinnovo annunciato di mister Aronica. Nel frattempo, nelle ultime ore, è trapelato il coinvolgimento della società anche nell’intricata vicenda riguardante il Brescia. Tra denunce, esposti e tribunali si rischiano settimane calde anche nell’extracampo.
Infine chiudiamo questa carrellata horror con il Messina. Di fatto qui ci troviamo di fronte ad una situazione ben diversa perché i giallorossi hanno “tirato a campare” da diversi anni a questa parte. La proprietà Sciotto non ha mai garantito ingenti investimenti, non è stato mai costruito nulla di futuribile e, al contrario, si è pensato di poter mantenere il professionismo con le spese minime. Una visione totalmente miope che si è scontrata con la dura realtà. Retrocessione in Serie D al playout, solo grazie allo sforzo dei calciatori, ma anche una cessione societaria che si è dimostrata “fake” e il rischio della scomparsa dai quadri federali. I tifosi, infatti, stanno seguendo le vicende giudiziarie che si sono innescate dopo il passaggio di quote da Sciotto all’AAD Invest Group. In ballo c’è il reato di bancarotta fraudolenta e, nel frattempo, la stessa procura ha chiesto il fallimento della società per il monte debitorio accumulato a fronte di una totale assenza di liquidità e di immissione di nuovi capitali.
Insomma, alla luce di tutto questo, il calcio siciliano ha già perso una protagonista che non ha la certezza da quale categoria dilettantistica potrà ripartire. Allo stesso tempo Palermo, Catania e Trapani nonostante le proprietà forti rappresentano dei grandi punti interrogativi in vista della prossima stagione. La novità è rappresentata dal Siracusa che, dopo anni di purgatorio, torna a riabbracciare il professionismo. Di certo l’orizzonte non è così sereno né limpido. L’auspicio è che, a partire dalla prossima estate, si possa davvero costruire una progettualità equilibrata e coerente per una rinascita generale del calcio siciliano.
Credits Foto: Palermo FC